Quando Il padrone di casa è assente un insieme di maggiordomi indisciplinati spadroneggiano, atteggiandosi ora in un modo, ora in un altro, in attesa che l’unico proprietario dell’abitazione faccia ritorno e se ne riappropri. Quest’antica metafora sulla condizione degli esseri umani è il punto di partenza e di arrivo del romanzo epistolare del giornalista Alberto Samonà, dal titolo, appunto, Il padrone di casa, uscito da poco in libreria per le edizioni Robin di Roma.
L’autore affida la narrazione ad una scansione temporale di dodici mesi, contrassegnati, ciascuno, da una lettera che il protagonista, un uomo sui quarant’anni, scrive a un’amica lontana. L’uomo cerca risposte e pone le proprie domande alla donna, ma la destinataria delle lettere resta sempre in silenzio, mentre un ritmo circolare, evidenziato dalla mancanza di una risposta, contrassegna lo scorrere del tempo. Un anno. Dodici mesi. Nella vita ordinaria e nella normalità dell’esistenza metropolitana.
Nelle pagine del libro, l’estensore delle lettere è “dipinto” come un intellettuale, da tutti ritenuto un uomo di cultura specializzato in studi e ricerche esoteriche, il quale, però, ad un certo punto, si rende conto di non avere fatto altro, nell’arco di tutta una vita, che pavoneggiarsi nel proprio ambiente e nei salotti letterari che frequenta con successo grazie alla competenza culturale che egli possiede. A porre il protagonista di fronte alla propria condizione di “deserto spirituale” è una brusca esperienza, in grado di scatenare nel suo essere una reazione, di certo meccanica, ma talmente forte da scuoterlo. E il libro incomincia proprio nel momento in cui il protagonista si rende conto che le pur vaste conoscenze acquisite nel dominio esoterico non sono sufficienti a trasformare se stesso e che, partecipare a dotti convegni o pubblicare libri interessanti, non lo libererà dal sonno nel quale è immersa la propria vita.
Le dodici lettere che il protagonista scrive all’amica, apparentemente semplici resoconti di vita ordinaria, in realtà è come se fossero le tappe di un simbolico viaggio interiore, o comunque, attività preparatorie al compimento del viaggio stesso. La donna resta muta per tutto il libro, fino a quando, forse, si può incominciare a sentire la voce del “padrone di casa”, il solo in grado di mettere ordine fra le mille altre voci che convivono nell’autore delle lettere.
Ne Il padrone di casa, inoltre, spazio anche all’arte, con la copertina che riproduce il quadro Mediterranea (1986, opera originale cm. 140 per 160) di Pupino Samonà, celebre artista scomparso nel 2007: l’opera non è scelta a caso, perché il dipinto traccia cerchi che si incrociano in un turbinio di grigi, bianchi e blu, fino a quando una linea curva di un rosso vermiglio non si frappone in questa apparente tranquillità, spezzando d’un tratto il gioco armonico dei cerchi e dei colori. Da qui, può incominciare la lettura e il viaggio iniziatico.